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Immagine del redattoreMaria Grazia

La bellezza rubata

Finisco di leggere il romanzo di Laurie Lico Albanese, La bellezza rubata (Einaudi). La trama si sviluppa in due tempi diversi e ha due protagoniste. La “bellezza” di cui si parla è il ritratto di Adele Bloch-Bauer dipinto da Klimt e rubato dai nazisti. La storia di Adele inizia nel 1886, quella della nipote Maria nel 1938. I capitoli che raccontano le vicende delle due donne si alternano, portando il lettore a passare da quella che era allora la capitale del fiorente impero asburgico alla città umiliata del tempo dell’invasione tedesca. Il contrasto tra i due mondi è molto forte e sviluppato con efficacia. Molte pagine sono dedicate alla (presunta?) relazione di Adele con Klimt e culminano con l’esecuzione del famoso ritratto. La storia di Maria è quella di un’ebrea che deve fuggire da Vienna per cercare la salvezza negli Stati Uniti. Il suo compito sarà quello di recuperare il ritratto della zia.

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer, 1907, Neue Galerie, New York


Ho guardato a lungo questo ritratto, suggestionata anche dalle pagine del romanzo. Vi ho cercato tracce della personalità forte di Adele, donna colta e sensibile, e anche del presunto amore che l’artista avrebbe provato per lei. Questo quadro mi lascia fredda. Non lo capisco. É certamente un mio limite.

In generale apprezzo le varie manifestazioni artistiche della Secessione Viennese e anche altre opere di Klimt. Alcuni anni fa ebbi occasione di vedere il Palazzo della Secessione e rimasi colpita dalla pulizia formale di quel blocco bianco quadrato, appena percorso da delicati motivi ornamentali, dove l’oro si limitava a sottolineare alcuni elementi architettonici e la porta d’ingresso, quasi un luminoso invito ad entrare. E mi lasciai incantare dalla cupola traforata, fatta di foglie dorate.

Palazzo della Secessione, Vienna 1897-98

Opera di Joseph Maria Olbrich, su disegno di Klimt


Tornando al ritratto di Adele, ho l’impressione che la profusione d’oro e d’argento finisca per creare una sorta di corazza che stringe la giovane donna fin quasi a negare il suo corpo. La donna, che potrebbe apparire come una moderna basilissa, in realtà sembra prigioniera di tutto quell’oro. Anche l’abito che indossa, estremamente raffinato e tutto percorso da motivi ornamentali di ispirazione ermetica, parla di un mondo di simboli di difficile comprensione. A stento emerge il busto dal candido incarnato, e il volto che ci guarda spavaldo, ma non so quanto felice. Le mani intrecciate in una torsione forzata e innaturale sembrano rivelare un sentimento di inquietudine e sono, a mio avviso, la parte più espressiva dell’opera.

 

Opere e riferimenti citati:

  • Laurie Lico Albanese, La bellezza rubata (Einaudi)

  • Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer, 1907, Neue Galerie, New York

  • Palazzo della Secessione, Vienna 1897-98, Opera di Joseph Maria Olbrich, su disegno di Klimt




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