Mi hanno regalato questo bel romanzo di Melania Mazzucco (Einaudi), costruito intorno a una donna realmente esistita, Plautilla Briccio, architettrice, come lei si firma, di una villa romana, detta il Vascello, che fu nell’Ottocento luogo centrale della disperata difesa della Repubblica Romana.
Ricostruendo la vita della protagonista, l’autrice di fatto ci immerge totalmente nell’atmosfera della Roma seicentesca, città brulicante di attività, di presenze straniere, di fervore edilizio, di cerimonie religiose e anche luogo di epidemie devastanti. I quartieri popolari dove viveva un’umanità povera e rassegnata si alternavano alla magnificenza delle residenze signorili. Qui lavoravano i grandi artisti. Così nel corso del romanzo li incontriamo tutti e li vediamo all’opera finendo anche per conoscere risvolti privati della loro vita.
Gian Lorenzo Bernini
«È gran fortuna la vostra, o Cavaliere, di vedere papa il cardinal Maffeo Barberini; ma assai maggiore è la nostra, che il Cavalier Bernino viva nel nostro pontificato».
(Papa Urbano VIII).
Maffeo Barberini, prima della sua elezione al soglio pontificio, aveva conosciuto Lorenzo Bernini attivo per il cardinale Scipione Borghese. Possiamo immaginarlo davanti all’Apollo e Dafne, affascinato dalla tragica bellezza dell’opera e dall’innocente nudità della ninfa, intento a comporre il distico moraleggiante che doveva giustificare la presenza di una simile opera nella casa di un cardinale.
“Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae/ fronde manus implet baccas seu carpit amaras”
"Chi amando segue i piaceri della bellezza fuggitiva/ si riempie la mano di fronde e coglie bacche amare. "
La dotta schiera di amici che conveniva in casa Borghese ben conosceva il testo di Ovidio (Metamorfosi, libro 1, vv.452-465) e certo la committenza di un’opera così complessa sarà stata una sfida per l’artista poco più che ventenne. Si trattava di raffigurare due giovani in corsa: una donna, Dafne, che rifiutava il matrimonio votandosi alla castità, e il dio Apollo che, innamorato di lei, la inseguiva, come un cane insegue una lepre. Fino alla conclusione drammatica: Dafne, sentendo Apollo ormai alle spalle prega il padre Peneo di aiutarla e subito viene trasformata in un albero.
“in frondem crines, in ramos bracchia crescunt,
pes modo tam velox pigris radicibus haeret….”
"I capelli si allungano in fronde, le braccia in rami
Il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici …."
Che magia, che grazia, che intelligenza aveva nelle mani quello scultore che faceva vibrare nell’aria I capelli di marmo e uscire un autentico grido dalla bocca della giovane!
Mi è sempre sembrata più debole la testa di Apollo. Chiaramente ispirata all’Apollo del Belvedere, manca della bellezza virile del modello antico. Mi sono chiesta come mai sia stata scelta come logo del Ministero per i Beni e le Attività culturali. E’ vero. Apollo era il protettore delle arti, ma in questo contesto era solo un potenziale stupratore! Non c’era un’immagine più appropriata nell’immenso patrimonio dell’arte italiana?
Gian Lorenzo Bernini, David, Galleria Borghese, Roma
«La bellissima faccia di questa figura, che egli ritrasse dal proprio volto suo, con una gagliarda increspatura di ciglia all'ingiù, una terribile fissazione d'occhi, e col mordersi colla mandibula superiore tutto il labbro di sotto, fa vedere maravigliosamente espresso il giusto sdegno del giovane Israelita, nell'atto di voler con la frombola pigliar la mira alla fronte del Gigante Filisteo; né dissimile risoluzione, spirito, e forza si scorge in tutte le altre parti di quel corpo, al quale, per andar di pari col vero, altro non mancava, che il moto»
Con queste parole Filippo Baldinucci descrive il volto del David di Bernini. Inutile aggiungere parole alla descrizione così precisa. Forse val la pena di ricordare che, secondo la tradizione, a reggere lo specchio che serviva all’artista per riprodurre le sue fattezze, era stato lo stesso cardinal Barberini.
Una parola sulla sua attività teatrale. Sappiamo che ogni anno per carnevale Bernini metteva in scena un nuovo spettacolo, di cui era autore, regista, scenografo, costumista, attore. Tutti gli assistenti della sua bottega erano coinvolti. Le sue commedie erano famose in Roma. Ne abbiamo notizia dalle memorie di viaggiatori, incantati oltre che dalla trama, anche dai meravigliosi artifici che Gian Lorenzo allestiva.
Penso al Bernini come a un genio universale, tra i più grandi che l’Italia abbia generato.
Riferimenti ed opere citate:
Apollo del Belvedere:
Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne
Gian Lorenzo Bernini, David, Galleria Borghese, Roma
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