Da pochi giorni si è aperta a Palazzo Strozzi una grande mostra dedicata a Donatello. Per chi voglia ampliare la conoscenza del Maestro suggerisco una visita ai tanti luoghi donatelliani di Firenze.
Oggi prenderò in esame la Cantoria attualmente conservata nel museo dell'Opera del Duomo.
La Cantoria era stata commissionata a Donatello nel 1433 e risulta terminata nel 1439. Era destinata alla cattedrale di Santa Maria del Fiore e doveva ospitare un organo posto sopra la porta della Sagrestia dei Canonici. Due anni prima era stata commissionata a Luca della Robbia la Cantoria posta sopra l'ingresso della Sagrestia delle Messe, dove era posizionato l'organo principale della chiesa. Non solo la destinazione dell'opera di Luca era più prestigiosa ma anche la retribuzione prevista era più alta.
Dai documenti si evince che anche Donatello avrebbe dovuto esere pagato per ogni formella in quanto era previsto che anche la sua Cantoria fosse composta di singoli riquadri separati, come quella di Luca.
Donatello immaginò invece un'opera completamente diversa. Non pannelli separati ma un fregio continuo di putti danzanti. Creò per loro uno spazio delimitato anteriormente da coppie di colonnine rivestite di mosaico dorato e posteriormante da una superficie altrettanto luminosa a mosaico.
Lo spazio, pur non essendo in realtà molto profondo, è però tale che, grazie alla maestria di Donatello nello stiacciato, il moto dei puttini non è unidirezionale, ma simula un girotondo con figure in primo piano che si muovono verso sinistra e quelle in secondo piano che vanno verso destra, completando l'anello.
All'interno di questo spazio gli angioletti si muovono con infantile sfrenatezza. Si tengono per mano, o sorreggono ghirlande, intrecciano movimenti quasi di danza. C'è aria di festa, di allegria, di gioia di vivere.
Ora è opportuno considerare la Cantoria nel suo insieme per riflettere sull'aspetto architettonico, dell'insieme anch'esso nato da un'idea del Maestro.
La balaustra è sostenuta da quattro mensole di fattura estremamente raffinata,decorate all'interno da motivi floreali in marmo su fondo dorato. Tra queste mensole Donatello ha collocato due scene con putti alle estremità e al centro due tondi di porfido che contengono teste di bronzo, anticamente dorate.
I due pannelli scultorei forse sono stati eseguiti con l'intervento di collaboratori, ma che meraviglia queste teste ispirate a modelli ellenistici!
Ancora uno sguardo agli apparati decorativi con fasce di vasi alternati a palmette, con teste di Gorgone e infine con conchiglie.
Solo confrontando la Cantoria con le opere di Donatello eseguite prima degli anni Trenta si può però valutare la straordinaria novità di tutto il complesso.
Quando dette inizio all'opera Donatello era appena ritornato da Roma, dove aveva visitato la città in compagnia di un mentore d'eccezione: Leon Battista Alberti.
Su quali fossero i rapporti tra i due lo testimonia la famosa espressione dell'Alberti che nel "De pictura" definisce il grande scultore "quel nostro amicissimo Donato".
A Roma Donatello aveva certamente studiato le antichità romane, ma anche le basiliche paleocristiane risplendenti di mosaici. E aveva considerato la ricchezza e la varietà dei marmi che emergevano dalle rovine e in partcolare il porfido, materiale illustre per eccellenza, destinato alle tombe dei grandi.
La Cantoria di Donatello, a differenza di quella di Luca tutta di marmo bianco, risplende di colori e rievoca l'antico in modo vario e multiforme.
Per saperne di più
John Pope-Hennessy, Italian Renaissance Sculpture, Phaidon 1985+
Francesco Caglioti, Donatello e i Medici, Olschki Editore, 2000
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