Pieter Paul Rubens, Cristo risorto, Galleria Palatina, Firenze
Dipingere la Resurrezione di Gesù è sempre stata una sfida per i pittori. Si tratta di un evento soprannaturale, unico, scarsamente documentato. I Vangeli parlano solo di un sepolcro vuoto. Ogni artista nel corso dei secoli ha dato di questo evento una propria interpretazione.
Rubens ha immaginato che Gesù sia risorto nel pieno fulgore di un corpo perfetto, dove sono quasi completamente spariti i segni della Passione. Piccole ferite nei piedi e nelle mani e una piaga rimarginata sul petto: è tutto quello che ci ricorda i supplizi subiti.
Nessuna sofferenza nel volto bellissimo, circondato dall'aureola dei soffici capelli
castani, che assomiglia straordinariamente all'autoritratto giovanile del pittore stesso.
(Rubens, Autoritratto con la moglie Isabelle, Particolare)
A un primo sguardo sembra che Gesù sia seduto sul sepolcro, ma basta un'osservazione più attenta per vedere che in realtà sta balzando fuori dal sarcofago.
Ha posato un piede per terra, con la mano destra si appoggia sul coperchio e con la sinistra brandisce un'asta, forse uno stendardo trionfale.
Un corpo in movimento dunque, in uno slancio vitale che impressiona per la forza muscolare e il magnetismo dello sguardo.
Lo assiste un angelo che lo aiuta a liberarsi dall'ultimo lembo del sudario.
Il giovane angelo è coperto da un panno rosso arancio che spicca sul bianco abbagliante del tessuto che in parte ancora copre il corpo di Gesù e che fa da sfondo, con i suoi riflessi argentati, al corpo del Risorto.
A sottolineare il miracolo di questa Resurrezione è la tomba, ancora sigillata, come se Gesù fosse passato attraverso la lastra di pietra senza bisogno di rimuoverla.
Sul sarcofago sono disposte a raggera delle spighe di grano, simbolo dell'Eucarestia, sacramento che Gesù ha istituito per i suoi discepoli prima di lasciarli.
Ci sono anche due angioletti che presentano una corona d'alloro, da sempre premio al Vincitore.
Il dipinto, databile intorno al 1615-16, testimonia della cultura artistica che Rubens si era formato in Italia. Il pittore in gioventù aveva vissuto a lungo a Roma e aveva avuto modo di conoscere e apprezzare i capolavori dell'antichità e dei maestri del Rinascimento.
In questo dipinto è palese la citazione del Laocoonte e anche degli Ignudi della Cappella Sistina.
Laocoonte, Musei Vaticani, Roma
Michelangelo, Cappella Sistina, Roma
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