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Immagine del redattoreMaria Grazia

L'anima dell'albero



Ho avuto occasione di leggere in questi giorni un libro di Salvatore Settis intitolato Incursioni (Feltrinelli 2020). Come suggerisce il sottotitolo "Arte contemporanea e tradizione", il volume traccia il profilo di dieci artisti contemporanei, mettendo in rilievo nelle opere di ciascuno, una sottile linea di continuità tra l'arte classica e il presente, intesa come sopravvivenza, a volte inconscia, di forme, gesti, modelli.

Uno dei dieci saggi riguarda Giuseppe Penone, un artista che seguo con interesse da molti anni. Sono da sempre affascinata dal lavoro che fa sugli alberi.




A volte l'artista si sofferma sulla corteccia e la ricalca, magari imprimendola su delle pelli bovine, come ha fatto nel Padiglione Italiano della Biennale di Venezia del 2007.

In quell'occasione tre pareti erano rivestite di cuoio, una materia calda, viva, organica. che portava impresso il percorso labirintico e ruvido dell'elemento vegetale.

Anche se l'idea di Penone trae origine dalla sua personale poetica e probabilmente non si propone nessuna citazione, mi è venuto spontaneo il ricordo delle pareti rivestite di cuoi dorati e dipinti che tra Conquecento e Seicento erano diffusi soprattutto a Venezia dove questi manufatti avevano il curioso nome di cuoridoro.


Cuoridoro veneziani del Museo Correr, Venezia.



A volte l'albero di Penone, riprodotto fedelmente nel bronzo, si carica di misteriosi, enormi frutti di marmo bianco, come se non sopportasse la nudità dei suoi rami spogli.

Uova di uccelli preistorici, misteriosi nidi abbandonati, frutti ibernati....











Il gesto dell'artista che più mi commuove è quello che a me sembra la ricerca dell'anima dell'albero. Penone incide il tronco e lo scava fino a ritovare l'alberello di un tempo. In questo percorso a ritroso l'artista sembra effettuare uno scavo archeologico come se fosse alla ricerca dell'albero primordiale, dell'archetipo, come faceva Michelangelo nello sbozzare un blocco di marmo fino a fare emergere la figura che si celava all'interno.

I

Ecco allora comparire il giovane albero che un tempo distendeva i suoi rami nell'aria e nel sole.

E' come se qualcuno, spezzando a forza la corteccia, e liberandoci dagli strati cresciuti nel corso degli anni, ci portasse a riscoprire il bambino che eravamo.

Sono passati gli anni. L'albero è cresciuto e la giovane pianta ora è chiusa in una corteccia possente: difesa, ma anche prigione.





La ricerca di Penone è molto profonda e fa riflettere. Mi ha fatto ripensare alla "teoria della ghianda" di Hillman, all'immagine unica e individuale che ci definisce. Sono pensieri del tutto personali, indipendenti dall'intenzione dell'artista. Ma quello che è meraviglioso nell'arte è che ci permette di andare oltre la stessa volontà dell'artista, di suscitare pensieri nuovi, emozioni, e di renderci in qualche misura creativi.


Testi citati:

Salvatore Settis, Incursioni, Feltrinelli 2020

James Hillman, Il codice dell'anima, Adelphi, 1997


L'opera di Penone esposta alla Biennale del 2007 è stata acquisita dal museo Maxxi di Roma.

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1 comentário


Edoardo
23 de mar. de 2022

Che bello fa sempre tanto piacere leggerla

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