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Immagine del redattoreMaria Grazia

Antonello, lo studiolo di un santo umanista


Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, National Gallery, Londra



L'occhio corre subito all'interno dello spazio dove si trova il santo intento a leggere, ma prima dovremo superare il grande portale. Qui, sul gradino, prospetticamente aperto verso di noi, il pittore ha creato un ostacolo visivo, collocando alcune forme in primo piano: due uccelli, una pernice e un pavone, e un recipiente di rame pieno d'acqua.


Molti studiosi hanno indagato sul significato allegorico di queste figure, giungendo a conclusioni diametralmente opposte. Il fatto che i due uccelli siano posti fuori dal portale potrebbe far pensare che alludano a vizi piuttosto che a virtù. La santità richiede che siano superate lussuria (la pernice) e vanità (il pavone), con l'aiuto dell'acqua, simbolo di purificazione.



Ma finalmente andiamo oltre, camminando con cautela su quel magnifico pavimento di maiolica, apprezzando la ricchezza dell'ornamentazione e il riflesso che fa la luce sulla superficie smaltata.



Ci troviamo ai piedi dello studiolo, costruito in legno e perfettamente adattato ai bisogni del santo. Il piano della seduta si trova piuttosto in alto, isolamento richiesto dalla rigidità dell'ambiente. Vediamo scaffali con alcuni codici disposti in orizzontale secondo l'uso del tempo e altri aperti, come per tenere il segno di qualche brano importante.

San Gerolamo indossa un mantello rosso porpora come si conviene a un cardinale e ha in testa un semplice zucchetto, visto che si trova in un ambiente privato. Il suo cappello cardinalizio è stato appoggiato su una panca alle sue spalle.

E' raffigurato di profilo, intento alla lettura, così come Antonello immaginava uno studioso dei suoi tempi.

San Girolamo, uno dei Dottori della Chiesa, (347-419) ha il merito di aver tradotto la Bibbia dal greco in latino, perciò spesso viene raffigurato in uno studio. Altre volte è mostrato come un penitente, in una zona desertca, solo accompagnato dal fido leone che, secondo la leggenda, il santo avrebbe soccorso.



Prima di lasciare il piccolo, raffinato ambiente possiamo ancora osservare alcuni particolari: due piante verdi entro eleganti vasi rinascimentali, un gatto, un cartellino senza firma, un asciugamano, un paio di scarpe lasciate ai piedi della scaletta, un crocifisso e altri piccoli oggetti. posati sul bordo superiore della struttura.


Ora possiamo alzare gli occhi e ammirare l'ambiente vastro e solenne dove ci troviamo. Sembra una chiesa di architettura gotica, con volta a crociera

e finestre a bifora.


A destra dello studiolo si apre una specie di navata laterale che si spinge molto in profondità fino a due grandi finestre che inquadrano un paesaggio collinare, descritto con estrema minuzia.

La luce che proviene dalle finestre Illumina vivacemente gli archi e le colonne più vicine alla fonte luminosa.

Le ultime arcate verso il centro dell'edificio sono in penombra.

Il fedele leone si aggira indisturbato, unico ospite di questa strana chiesa

A sinistra non ci sono arcate. Sul fondo si apre una grande finestra, oltre la quale si vede un paesaggio, che è l'deale continuazione di quello che abbiamo visto in precedenza. Unica nota particolare la veduta di un borgo circondato da mura.


Mi sono dilungata nella descrizione delle diverse parti dell'opera per suggerire una riflessione sulla straordinaria novità dell'opera.

Non conosciamo la data di esecuzione, ma per lo più si ritiene che sia stata dipinta a Venezia subito dopo il 1475, anno in cui il pittore si trasferì nella città lagunare. A Venezia il dipinto si trovava nel 1529 quando lo vide Marcantonio Michiel che ne diede una descrizione entusiastica e l'attribuì ad Antonello da Messina o a un pittore fiammingo,


In effetti è un'opera "fiamminga" nella qualità della luce che produce diverse reazioni a contatto con i diversi materiali

"Fiamminga" è la ricchezza e la varietà dei particolari ambientali.

"Fiamminghi " sono i paesaggi che appaiono fuori dalle finestre.


Antonello si era formato a Napoli, città ricca di testimonianze artistiche spagnole, francesi e fiamminghe. Tra i tesori di re Alfonso V c'era il Trittico Lomellini di Jan van Eyck, opera commissionata da una famiglia genovese e giunta a Napoli dopo una laboriosa trattativa. Il Trittico è perduto, ma mi piace pensare che ci fossero piccole vedute fuori dalle finestre e voli d'uccelli.


E' "italiana" invece la struttura dello spazio, grandioso, la resa prospettica, la sicurezza compositiva. E per queste qualità Antonello è debitore a Venezia.


Nel 2006 si è tenuta a Roma una bella mostra monografica sul pittore.

Eccellente il catalogo a cura di Mauro Lucco, Antonello da Messina, L'opera complera, Silvana Editoriale, 2006






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