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Immagine del redattoreMaria Grazia

Giovanni Bellini, Pietà di Brera - Un’opera che potrebbe piangere

Aggiornamento: 29 apr 2021


Giovanni Bellini, Pietà, Pinacoteca di Brera, Milano


Ci sono tre figure in primo piano, imponenti, separate dallo spettatore da una balaustra di marmo. Gesù morto e deposto dalla croce è sostenuto da sua madre, Maria, e da un suo discepolo, Giovanni.

Ci rendiamo subito conto che non stiamo assistendo a un momento della narrazione evangelica relativa alla morte e seppellimento di Gesù. Non è raffigurata una storia in questo quadro e quella balaustra non è il bordo di un sepolcro. Siamo davanti a un’icona che presenta le tre figure “in formam Pietatis”, secondo la formula della Pietà. A noi come all’antico proprietario, è presentata un’immagine destinata a suscitare commozione, dolore, partecipazione.



Come non commuoversi davanti a questa madre che stringe suo figlio morto in un ultimo abbraccio? E’ un’immagine che parla di ogni madre, in ogni tempo, a qualsiasi latitudine.


I due volti sono così vicini che sembrano quasi incastrati uno nell’altro. Eppure il colorito rosato del volto materno, seppur segnato da profondi solchi bluastri, ci parla di un corpo vivo, mentre il figlio ha già assunto un pallore cadaverico.

La mano destra di Maria ha sollevato la destra di Gesù e l’ha portata al petto, sul cuore. La mano del figlio è già rigida e pesante e la madre la fa passare tra l’indice e il medio per sostenerla meglio. Il gesto consente di lasciare in vista la ferita sul costato. Anche qua il diverso colorito delle due mani parla di vita e di morte.


Gesù, nonostante che il suo corpo giovane appaia ancora vigoroso, reca nel volto i segni degli indicibili tormenti ai quali è stato sottoposto. La corona di spine ancora gli cinge la testa e le spine forano la fronte facendone stillare sangue. La sua mano sinistra, completamente abbandonata, ricade vicino alla balaustra in un modo apparentemente casuale. In realtà sta mettendo in evidenza un cartellino posto sulla cornice, che contiene un’iscrizione il latino e insieme la firma del pittore:

HAEC FERE QUUM (CUM) GEMITUS TURGENTIA LUMINA PROMANT

BELLINI POTERAT FLERE JOANNIS OPUS.

Come questi occhi gonfi di pianto emettono quasi gemiti

Così l’opera di Giovanni Bellini potrebbe piangere.


I versi latini riecheggiano quelli di un’elegia di Properzio (Libro 1, 21) in cui un soldato defunto si rivolge all’amico che contempla la sua tomba.

“Perchè i tuoi occhi gonfi di pianto distogli dal mio gemito”.

Nel dipinto gli occhi gonfi di pianto sono quelli di Maria e Giovanni. Mancano solo i gemiti e si potrebbe dire che l’opera di Giovanni Bellini pianga. Come la poesia anche la pittura è in grado di suscitare profonde emozioni. Ut pictura poesis.


Veniamo alla figura dell’apostolo Giovanni.

E’ vicino a Gesù e lo sostiene con una mano ben ferma, ma nel contempo distoglie il viso come se non potesse sopportare la vista del maestro morto. La bocca è socchiusa come emettesse un lamento e gli occhi sono rivolti lontano. La cornice di capelli inanellati contrasta con la chioma scomposta di Gesù.

La rappresentazione del dolore così viva e insieme così controllata viene da lontano.

Penso alle figure dei dolenti che in un famoso dipinto di Rogier van der Weyden sono raffigurati col volto rigato da lacrime.

Rogier van der Weyden, Deposizione dalla croce, circa 1443, Prado, Madrid


Mi chiedo se Giovanni Bellini avesse visto a Ferrara un Trittico del famoso pittore fiammingo che apparteneva alla collezione di Lionello d’Este e raffigurava La discesa dalla croce.

Si tratta di un’opera attualmente dispersa, ma che doveva avere molti tratti in comune con il Trittico Miraflores (Musei statali di Berlino), visto che molti decenni dopo un pittore ferrarese ne traeva un motivo molto caratteristico.

Mi piace presentare del Trittico di Berlino il particolare dei volti di Maria e Gesù che mi sembrano gli ideali precursori dei corrispondenti personaggi di Giovanni Bellini.

Rogier van der Weyden, Trittico di Miraflores (dettaglio), Musei statali di Berlino


La Pietà di Giovanni Bellini è conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano. E’ considerata un’opera giovanile del pittore per certi tratti che l’avvicinano allo stile del cognato, Andrea Mantegna. Per la citazione dalle Elegie di Properzio, pubblicate nel 1472 a Venezia il dipinto si ritiene eseguito poco dopo questa data.



Riferimenti ed opere citate:

  • Ho tratto molti suggerimenti da Hans Belting, Giovanni Bellini, La Pietà, 1996, Panini, Modena. Per i versi latini ho usato la sua traduzione. Io tradurrei: L’opera di Giovanni Bellini potrà piangere quando gli occhi gonfi emetteranno quasi dei gemiti

  • Elegia di Properzio (Libro 1, 21)

  • Giovanni Bellini, Pietà, Pinacoteca di Brera, Milano

  • Rogier van der Weyden, Deposizione dalla croce, circa 1443, Prado, Madrid

  • Rogier van der Weyden, Trittico di Miraflores, Musei statali di Berlino

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