Ancora sul Seicento romano.
Roma nel Seicento brulicava di pittori stranieri, venuti per imparare, per fare fortuna e nel frattempo per darsi alla bella vita. Melania Mazzucco, a proposito di Plautilla bambina, inserisce un episodio fatto apposta per introdurre il lettore alla vita spensierata dei giovani forestieri e nel contempo evocare le opere che li avrebbero resi famosi una volta tornati nel loro paese.
La bambina, che si era persa, viene accolta in un’osteria da un gruppo festante di pittori stranieri tra i quali spicca una donna.
“La chitarra la suona una bella femmina con le zinne burrose che traboccano dalla scollatura di un vestito giallo cangiante” (p. 56)
Mi chiedo se la Mazzucco avesse in mente un quadro come questo di Gerrit Van Honthorst (Gherardo delle Notti, Utrecht 1590-1656) o una delle tante scene di taverna dipinte dal pittore di Utrecht.
Gerrit van Hontorst, Lo studente dissoluto Alte Pinakothek, Monaco (1625)
La combriccola dei caravaggeschi di Utrecht è specialista nelle scene a lume di candela che illumina, non visibile agli occhi dello spettatore, gli scuri ambienti dove vivono i protagonisti dei vari episodi.
Il loro contributo allo sviluppo dell’arte olandese fu fondamentale, ma io preferisco soffermarmi su un pittore tedesco attivo a Roma nel primo decennio del Seicento: Adam Elsheimer. La sua Fuga in Egitto del 1609 è uno dei più precoci e incantevoli notturni di tutto il secolo. Secondo il Vangelo di Matteo (2.13) la famiglia di Gesù si era messa in viaggio verso l’Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode (perseguitati politici, diremmo oggi).
Adam Elsheimer (1578-1610) Fuga in Egitto, Alte Pinakothek, Monaco
I tre protagonisti e l’asino sono un gruppo compatto, stretti gli uni agli altri. Giuseppe tiene in mano una torcia e con la destra sembra voler coprire meglio madre e figlio perché è una notte fredda, di quelle notti limpide d’inverno quando ti aspetti che presto geli.
Alle loro spalle s’intravede un fitto bosco. Non è il paesaggio che ci saremmo aspettati di incontrare in un viaggio tra Palestina ed Egitto, ma la libertà degli artisti è sacra. La notte è illuminata dalla luna piena che si riflette in un corso d’acqua. Le stelle “intorno alla bella luna velano il volto lucente” (secondo le immortali parole di Saffo) ma più in alto nel cielo brillano migliaia di stelle. Nitida appare la Via Lattea, per la prima volta raffigurata come un ammasso di stelle. Alcuni particolari della superficie lunare sono
stati dipinti un anno prima che Galileo pubblicasse le sue osservazioni sulla luna nel Sidereus Nuncius (Padova 1610).E’ probabile che Elsheimer si sia servito a Roma del telescopio di Federico Cesi, corrispondente di Galileo e fondatore dell’Accademia delle Scienze.
Siamo in presenza di un mondo silenzioso e buio che potrebbe incutere paura, ma la notte è illuminata da diverse fonti di luce che creano nicchie d’intimità dove gli umani trovano conforto, mentre lontano, sopra di loro, si dispiega l’immensità del cielo.
Mi viene in mente un’altra notte: quella in cui Gesù fu tradito e catturato.
Caravaggio, La cattura di Gesù, National Gallery, Dublino
É uno dei quadri di Caravaggio meno consumati dai tanti fruitori bulimici che seguono estatici ogni evento dove compaia il nome fatale. (Davvero molto abili sono i curatori di tante mostre, spesso mostrine, che spendono il nome di Caravaggio per attrarre visitatori sprovveduti.)
Si trova a Dublino nella National Gallery dove è giunto dopo complesse vicende. Commissionato dal cardinale Mattei nel 1603, passato in Inghilterra e da qui in Irlanda in un convento di Gesuiti, è finito nel museo di Dublino grazie all’attribuzione di un restauratore italiano, Sergio Benedetti, cui era stato affidato dal superiore del convento, dove l’opera giaceva con erronea attribuzione.
La messa fuoco molto ravvicinata obbliga il pittore a ridurre il numero dei personaggi e ad eliminare ogni notazione ambientale. Ci sono in tutto sei figure più una seminascosta. Tre a sinistra: un curioso ragazzo che scappa via urlando mentre qualcuno gli strappa il mantello da dosso. (dal Vangelo di Marco, 14,51 “Un giovanotto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo”). Segue il gruppo di Gesù e Giuda. Con un bacio osceno si consuma il tradimento. La vittima è immobile, le mani giunte. Un braccio armato, che attraversa tutto il primo piano, sta per afferrarlo. I bagliori metallici dell’armatura enfatizzano il gesto della cattura.
A destra, al margine estremo, dietro due soldati, c’è un uomo che viene avanti sollevando una lanterna e si sporge per vedere cosa sta succedendo. Si ritiene che sia un autoritratto di Caravaggio. Tra i presunti autoritratti del pittore questo è il più sereno. Il centro dell’opera è occupato dalle mani di Gesù in basso e in alto dalle mani di un ignoto soldato che strappa via il mantello del ragazzo. Sintesi sublime e, all’apparenza quasi casuale, di accettazione rassegnata e di inutile violenza.
Opere citate:
Gerrit van Hontorst, Lo studente dissoluto Alte Pinakothek, Monaco (1625)
Adam Elsheimer (1578-1610) Fuga in Egitto, Alte Pinakothek, Monaco
Caravaggio, La cattura di Gesù, National Gallery, Dublino
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